Il Cerchio Esterno
Newsletter di Novembre-Dicembre 2020
Cara Grace - lettera di Isolato
Cara Grace,
L'isolamento è qualcosa con cui lotto tutto il tempo. Uso strumenti come le telefonate e le attività del cerchio esterno, ma inevitabilmente finisco in isolamento prima di accorgermi che ci sono gia’ dentro.
Personalmente, posso isolarmi anche in gruppo semplicemente non condividendo la mia verità.
Cosa si fa per evitare l'isolamento emotivo?
Come si riesce a connettersi emotivamente con gli altri e a mantenere tale connessione nel tempo?
Isolato anonimo
Caro Isolato,
Durante questo strano periodo di distanziamento sociale, l'isolamento può essere un problema piuttosto intenso.
A tale scopo, riteniamo molto incoraggianti le seguenti parole di un articolo del 2018 riguardo alla decisione di connettersi con gli altri.
(A livello piu’ immediato eccoti qualche pensiero in più per la realtà di oggi: molte riunioni sono ora su Zoom o su altre piattaforme, il che significa che puoi visitare riunioni nel resto del mondo!
Controlla l'elenco qui:
https://saa-recovery.org/meetings
Può sembrare un po' stressante vedere centinaia di riunioni elencate. Con il tuo telefono, scegline una e prova a connetterti; il giorno dopo scegline un’altra e provala. Presto troverai le riunioni che ti piacciono!)
Per evitare di sentirsi emotivamente isolati, alcuni di noi hanno trovato utile effettuare un check-in giornaliero con un compagno/a in recupero. Abbiamo fissato un orario regolare per parlare al telefono, e ognuno di noi condivide come ci si sente in quel giorno e chiede un riscontro a riguardo della propria condivisione, se desiderato.
In certi giorni ci sarà molto da condividere, e in altri sarà solo "È un bel giorno!" …
Abbiamo scoperto che avere quell'orario programmato e regolare per parlare ci permette di accedere a sentimenti che potremmo non riconoscere da soli.
Se abbiamo un coinquilino o partner, possiamo anche praticare questo check-in con quella persona.
Quello presente è un periodo diffcile, ma può aiutare ricordarsi che non siamo soli, né nel recupero né nella pandemia.
Un giorno alla volta e con l'aiuto del Potere Superiore, ce la faremo.
Ci sono molti strumenti che puoi usare e che alcuni tra noi hanno già elencato. Spesso la nostra concentrazione deve essere rivolta a pensare in modo differente piuttosto che pensare di agire in modo diverso.
Per alcuni di noi ciò significa condividere quotidianamente con almeno tre persone, un aggiornamento su come ci sentiamo e cosa sta succedendo nelle nostre giornate. Se ci impegniamo a farlo, alla fine diventa un'abitudine e una seconda natura il NON-isolarsi.
Le seguenti parole circa il Primo Passo a pagina 44 del libro verde (seconda edizione italiana) spiegano perché il contatto regolare è così importante: “Abbiamo inoltre imparato a chiedere aiuto e a riceverlo da altri dipendenti sessuali in recupero. Chiedere aiuto ci libera dall'isolamento velenoso che alimenta la nostra dipendenza. Quando riceviamo aiuto, impariamo ad abbattere le mura e ad accettare il supporto e la cura degli altri".
Un altro modo per uscire dall'isolamento è usare lo strumento del servizio: essere coinvolti nella fratellanza e essere parte di essa. Tuttavia, alcuni di noi hanno scoperto che possono usare il servizio come un modo per non parlare di se stessi e dei propri sentimenti.
Alcuni di noi svolgono attività del cerchio esterno che li coinvolgono nella condivisione con altri in maniera regolare. Questi possono essere basati su esercizio, cibo, arte, hobby e comunità.
Ospitare un gruppo a casa, frequentare un incontro ogni settimana, aiuta gli altri a conoscerci meglio e ad aspettarsi che ci saremo.
Come dice il Libro verde a pagina 23, “Come dipendenti sessuali, siamo particolarmente inclini all’isolamento. Molti di noi hanno agito compulsivamente da soli o in segreto. Le riunioni sono un modo importante per rompere questo isolamento. Durante le riunioni scopriamo che non siamo gli unici. Se ascoltiamo le esperienze e sentimenti che abbiamo in comune, scopriremo come siamo molto più simili che diversi dai nostri fratelli. Alle riunioni impariamo che possiamo fidarci dal fatto che gli altri ci conoscano per quello che siamo veramente e che ci accettino comunque.”
Quando diventiamo parte della fratellanza, diventa più facile interagire con gli altri e quella sensazione di isolamento e solitudine scivola via.
Ti invio benedizioni,
Grace
Vivere in Sobrietà
Costruire una nuova identità sessuale durante il recupero
Oggi ho sei anni di sobrietà e sono più felice di quanto non lo sia mai stato.
Una volta il mio sponsor mi fece notare che, prima che entrassi in recupero, in pratica avevo tutto quello che avevo sempre desiderato - ma ero molto infelice.
La mia dipendenza aveva avuto inizio ed era in crescendo da almeno quindici anni, con conseguenze sempre più dolorose puntualmente da me ignorate, negate o semplicemente liquidate.
Avevo un lavoro professionale molto sicuro che mi ha dato un’incredibile libertà di gestire il mio tempo, un matrimonio che avevamo sempre accettato come 'relazione aperta' (cioè non sessualmente esclusivi con il proprio partner) e un marito che ha sempre considerato la nostra relazione e me con amore, cura e fiducia.
Ero anche convinto che essere gay e lasciarsi dietro il giudizio e la vergogna che avevo provato nella mia educazione religiosa significava essere sessualmente libero, facendo quello che volevo - con chi volevo, e quasi esclusivamente sotto l’influenza di sostanze stupefacenti.
Stavo usando la mia dipendenza per affrontare picchi di stress lavorativo e aspettative irrealistiche che ponevo a me stesso, senza menzionare il cercare di evitare dolori dal mio passato.
Mio marito stava sviluppando comportamenti codipendenti per cercare di gestire le mie dipendenze inesorabilmente progressive. Era sempre più disperato e senza speranza per il nostro futuro, e il mio comportamento rendeva impossibile affrontare questi problemi.
Nell'arco di due anni, ho contratto l'epatite C e l'HIV.
Avevo trascorso quattordici mesi facendo abuso costante di droghe e alcol senza interruzione tranne che per dormire, e ciò solo ogni tre o quattro giorni. Mi ero presentato sbronzo al lavoro, dando presentazioni pubbliche che altri hanno descritto come "incomprensibili".
Non mangiavo nient'altro che gelato e Gatorade.
Tutta la mia vita ruotava intorno alla mia dipendenza.
I miei principali ostacoli nel recupero erano, per prima cosa, ammettere la devastazione che avevo causato e accettare che la mia dipendenza fosse il problema.
Avevo frequentato certe terapie dove mi era facile mentire minimizzando la mia dipendenza.
Visitavo una riunione sui dodici passi senza che prendessi alcun impegno per diventare sobrio.
Durante il mio primo anno di frequenza, ho dovuto confrontarmi con la mia dipendenza sessuale in maniera totale. Ho trascorso almeno un anno con ossessioni ripetitive su sentimenti romantici.
Ho anche dovuto accettare il fatto che la mia vecchia identità sessuale - il mio modo di essere sessuale, di essere gay, era solo qualcosa che dovevo lasciar perdere, perché non mi aiutava.
Ho dovuto riconoscere che il nuovo modo di vedere la mia sessualità era una scelta che io stavo facendo, non qualcosa che mi veniva imposto da altri che allo stesso tempo cercavano di giudicarmi o controllarmi. Fortunatamente, ero impegnato in un programma di recupero e avevo fantastiche risorse dalla terapia.
Sono riuscito a concentrarmi sul lavoro dei 12 passi e sull'individuazione di quei problemi nel mio passato che alimentavano le mie dipendenze.
Grazie a ciò, ho iniziato a costruire una nuova identità sessuale, progressivamente, grazie allo sviluppo di alcune relazioni di cui potevo fidarmi. Soprattutto ho imparato che per me una sessualità sana è costituita da connessione - come anche gioco, gioia e piacere.
Con mio marito abbiamo costruito uno nuovo matrimonio con tanto impegno. Adesso la nostra relazione è più forte, più profonda, più delicata e più completa.
La mia guarigione personale è come se fosse stata la “nostra” guarigione.
Com'è la mia vita oggi? La mia carriera è finita, o meglio ho deciso di non perseguirla più dopo essere stata licenziato dal mio posto di lavoro, e sono molto felice in una nuova occupazione che si adatta molto meglio alla mia vita personale.
Rimango sobrio nello stesso modo in cui lo sono diventato- lavorando al programma di SAA.
Ho uno sponsor - e sponsorizzo altri membri. Partecipo alle riunioni. Cerco di rimanere umile concentrandomi sugli altri, specialmente quando riconosco di essere assorbito in me stesso.
Pratico gratitudine trattando ciò che mi e’ stato dato con cura e rispetto.
La mia vita non è perfetta. Ho perso mio fratello a causa della dipendenza solo poco tempo fa.
La sua morte mi ha ricordato che tutta la mia sobrietà ha riguardato il gestire il lutto, perché è così che guarisco e riesco a riappacificarmi con il dolore del passato.
Ciò che so adesso è che non posso fare tutto questo da solo, e non lo faccio solo per me.
Chiedere Aiuto
Rifiutare il supporto di altri dipendenti e del nostro Potere Superiore
impedisce la guarigione
Frequento le riunioni di SAA da circa undici anni.
Si noti che non ho detto che sono sobrio da undici anni.
Soprattutto si noti che non ho detto che sono in recupero da undici anni.
Mentre scrivo, ho cinque mesi di sobrietà. Ci sono voluti “soltanto” dieci anni per arrivare a questo punto!!!
Perché ci è voluto così tanto tempo?
Per svariati motivi, ho pensato che questo sarebbe stato un programma in cui il mio problema sarebbe stato affrontato e risolto in brevissimo tempo, così che potessi anche dimenticarmene.
Ho anche pensato che il termine "rigorosa onestà" fosse più una suggestione o un motto – invece che la pietra angolare del recupero.
In pochissime parole, volevo una sobrietà facile e veloce. Soprattutto desideravo una modalità tipo pilota automatico.
Quello che so ora è che avevo già vissuto tutta la mia vita in modalità pilota automatico, senza mai pensare oltre al minimo indispensabile e senza essere MAI presente.
Se stavo soffrendo c'erano farmaci. Se ero triste, c'erano differenti rimedi. Se ero felice, ce n’erano altri. La lista potrebbe continuare per un bel po'. È ridondante affermare che facevo uso di molti “rimedi”.
Con il senno di poi, la modalità pilota automatico non poteva chiaramente essere la risposta.
Ritornando al concetto di rigorosa onestà - non è solo un suggerimento o uno slogan. E’ assolutamente la pietra angolare del recupero.
Essendo cresciuto in un ambiente estremamente severo, sia a casa che a scuola, avevo imparato presto a dire ad altri ciò che desideravano sentirsi dire e avevo imparato a “mostrare” o “indossare” sempre una buona immagine.
Quando facevo fatica, mi comportavo come se tutto andasse bene.
Mi era stato fatto credere in giovane età che il semplice fatto di chiedere aiuto era come smascherare la mia debolezza.
Ciò alla fine mi ha portato a mentire ai confratelli e consorelle del programma, al mio sponsor, alla mia famiglia, al mio terapista, e a me stesso. Vivere una bugia è un compito molto duro!
È un inesorabile vampiro di energia. In questo senso, temevo dentro di me che la vera sobrietà sarebbe stata troppo dura e richiedesse troppo lavoro.
Ero completamente ignaro dello stress che la dipendenza mi stava causando. Mentre ero consapevole di voler essere libero dalla mia dipendenza, sapevo allo stesso tempo di non voler fare lo sforzo che tale desiderio comportava.
In questi giorni mi sono sempre chiesto cosa stessi pensando durante tutto quel tempo speso nella mia irragionevolezza. Ed e’ esattamente questo il fulcro di tutto questo articolo... non pensavo per niente.
Dopo anni di frequentazioni alle riunioni – a quel tempo, ancora senza sobrietà e non in recupero, mi imbarazzavo per quanto poco riuscissi a trarre dal programma.
Continuavo a indossare una maschera tipo “tutto va bene!” e avevo una paura costante di essere scoperto, rimanevo testardo nella mia intenzione di non voler essere onesto al punto di sentirmi vulnerabile e iniziare a chiedere aiuto.
Durante i miei anni nel programma, molti individui disperati sono arrivati alle riunioni per la prima volta e ammettevano di essere dipendenti... ammettevano di necessitare aiuto.
Alcuni sarebbero poi scomparsi per riuscire a toccare e scoprire il loro “punto più basso personale”, ma altri sarebbero rimasti.
Alcuni di questi hanno veramente capito il concetto del recupero e tutt’oggi stanno lavorando con forza e sono un'enorme fonte di incoraggiamento per chi ancora lotta.
Chiaramente, non ero in quest'ultimo gruppo, nonostante avevo già partecipato alle riunioni SAA per anni.
A dire il vero, per un periodo ho nutrito un bel po' di risentimento per quel gruppo di persone svelte e energiche a lavorare sul programma.
Ciò non era causato dal loro atteggiamento, perché senza dubbio erano di buon cuore, simpatici.
No, il motivo autentico del mio risentimento era dovuto al fatto che inavvertitamente mostravano a me stesso tutta la fallacia della mia comparsata, con l’inesorabile fallimento che volevo celare.
Osservando il loro impegno e avanzamento nel programma sono stato costretto a guardare la mia disonestà e la mia incapacità di avere anche una minima ma reale misura di sobrietà.
Questa è stata la maniera in cui avrei raggiunto il mio punto più basso.
È stato in particolare non un singolo evento, ma meglio una ripetizione di sensazioni di nausea e di disgusto verso me stesso causate dal dolore che certe mie azioni determinavano.
Forse il fatto che stessi per toccare la soglia dei sessant’anni può anche aver contribuito un po'.
Non importa cosa abbia causato il cambiamento, un seme di cambiamento aveva finalmente attecchito.
Ho iniziato ad essere onesto. Ho iniziato a fare le cose che non erano facili o confortevoli.
Il fulcro di questo cambiamento è stato l’aprirmi completamente con le persone che avevo già nella mia vita - tra loro, fratelli e sorelle di un programma che mi volevano bene indipendentemente da ciò che riuscissi a portare di volta in volta.
Adesso faccio parte di un gruppo di persone con cui posso essere assolutamente sincero, e che allo stesso tempo mi mantengono responsabile. Ci proteggiamo a vicenda.
Sono sempre stati lì per me, fin dall’inizio, ma semplicemente non li avevo “notati”.
In tutta sincerita’, non so perche’ ci sia voluto così tanto.
Paura del cambiamento? Gestione della mia immagine? Riluttanza a essere vulnerabile? Pensare che nessuno avrebbe potuto aiutarmi? Tutto ciò può essere vero, e quasi sicuramente hanno avuto un ruolo nell'indirizzare il cammino verso la direzione più adatta.
Quello che so adesso è che quando il vero cambiamento ha potuto finalmente attecchire, la mia vita ha iniziato un percorso verso l’alto.
Se sei nuovo/a nel programma, per favore permettiti l'opportunità di guarire, conceditela.
Non sei perfetto, nessuno di noi lo è. Non c'è bisogno di mostrarsi per chi non si e’, qui.
Non avere nessuna paura a mostrarti per chi davvero sei e chiedi aiuto quando hai bisogno. Ricordati che nessuno viene alla sua prima riunione SAA perché la sua vita è così incredibilmente bella che si sente il dovere di condividerla in un locale pieno di estranei. Conosciamo il dolore che senti. Lasciati aiutare!!
Se sei una persona che ha "carpito" tutto ciò velocemente e da quel momento ha iniziato a lavorare in un buon programma di recupero personale aiutando anche gli altri a fare lo stesso, lasciatemi dirvi GRAZIE per il vostro continuo servizio, guida ... e pazienza. Come Gruppo, siete stati una benedizione!
A tutti gli altri, desidero dirvi che per la maggior parte degli ultimi cinquant'anni, sono stato un sesso dipendente attivo. Sin da quando avevo dieci anni, é come se avessi vissuto controllato da una creatura bestiale che aveva preso dimora nella mia testa. Mi guardavo allo specchio e vedevo un ragazzo distrutto, squallido e irredimibile. Nella mia mente, ero un essere difettoso e che non poteva essere aiutato.
A trent'anni, a causa di un divorzio, pensavo che la mia vita fosse macchiata in maniera indelebile per qualsiasi atto di servizio a Dio.
Durante i miei cinquanta, sapevo di essere un sesso-dipendente, ma ero riluttante a fare ciò che sarebbe stato necessario per diventare sobrio. A sessant'anni, finalmente il velo si è squarciato nel momento stesso in cui ho chiesto aiuto, mi sono permesso di riceverlo e accettarlo, e ho iniziato a sforzarmi sinceramente.
Devo anche affermare che sono più ottimista adesso riguardo al mio futuro che di quanto non lo sia mai stato a trenta o quaranta anni.
Certo, vorrei aver iniziato prima; ma va bene lo stesso, sono qui adesso.
Non ero danneggiato oltre qualsiasi speranza, troppo difettoso o troppo vecchio. Nemmeno tu lo sei!!!
Smascherando la Dipendenza
Ecco come il recupero rivela la nostra natura genuina
La negazione è una "maschera" indossata da dipendenti di qualsiasi tipologia.
Ho indossato molte maschere simili nel corso della mia vita. Durante la mia dipendenza sessuale, ho indossato una maschera quasi ininterrottamente.
Le maschere della mia dipendenza erano così aderenti che sembravano incollate al mio viso. Col passar del tempo, è diventato più difficile e scomodo rimuoverle.
Man mano che continuavo a indossare le maschere, il mio viso si è trasformato e adattato sempre di più al profilo della maschera soprastante.
Ho indossato molte maschere differenti nel corso degli anni. Le maschere sono cambiate nel tempo, diventando più brutte, più cattive e molto più difficili da rimuovere. Alla fine, dopo averne indossato una, era diventato quasi impossibile rimuoverla.
Le maschere divennero così semi-permanenti, e non riuscivo più a riconoscere la mia faccia sottostante.
Ho rinunciato a cercare di rimuoverle, e si sono rafforzate ancora di più. Gradualmente, a poco a poco, hanno esercitato sempre più potere su di me e su tutti gli aspetti della mia vita.
La mia "prima maschera" è stata quella che mio padre mi ha insegnato ad indossare da bambino: la maschera della protezione. Da bambino ero timido e introverso. Ho avuto pochi amici nella mia infanzia. Mio padre era aggressivo, autoritario, gridava spesso e sembrava sempre arrabbiato. Riusciva sempre a sminuirmi, scoraggiarmi, e farmi sentire molto inadeguato.
Se ero obbediente non era mai abbastanza, e non riuscivo mai ad accontentarlo.
Sono arrivato a temerlo e odiarlo, così come tutti gli altri uomini e chiunque esprimesse rabbia verso me o verso altri. Avevo bisogno di indossare questa maschera per proteggermi da mio padre e da altri uomini.
Nonostante mi sentissi generalmente più a mio agio e sicuro con le donne, usavo questa maschera anche lì, per non correre il minimo rischio.
La mia maschera preferita era quella che indossavo al lavoro: la maschera del successo. Tale maschera mi ha conferito forza e potere. Indossarla mi faceva sentire produttivo e con una carriera rapidissimamente in ascesa. Come medico, mi ero guadagnato quella maschera dopo molti anni estenuanti di istruzione, formazione e pratica. Ero particolarmente orgoglioso di questa maschera e non volevo rinunciarci! Mi faceva sentire bene con me stesso. Non solo, ma anche di un certo valore, di fatto con un posto riconosciuto nella società e nel mondo.
Mi ha dato forza e mi ha permesso di mettere da parte le mie paure e di vivere senza vergognarmi di me stesso.
L'ultima maschera che ho indossato è stata la più sinistra e malvagia tra tutte: la maschera dell’essere un bugiardo, un impostore e un dipendente sessuale.
Questa era la più forte e quella più aderente. Quando mia moglie l‘ha finalmente scoperta, me l'ha strappata instantaneamente dalla faccia, e il dolore è stato atroce. Ero totalmente impreparato per questo. È stato così scioccante e insopportabile, che tutto il mio corpo si è paralizzato.
Quell’evento è stato il mio punto più basso come dipendente sessuale.
Non ero in grado di riconoscere il mio viso quando la maschera è stata strappata quel giorno.
Era stato reso simile alla brutta maschera che lo copriva e che era stata lì per così tanti anni.
La mia faccia era brutta, piena di vesciche e danneggiata oltre le sembianze originali. Mia moglie non sapeva più chi fossi e nemmeno io. Con la mia faccia esposta per la prima volta dopo tanti anni, ho pianto e avvertito il dolore in tutto il mio corpo.
Ho confessato a mia moglie e alle mie figlie, e ammesso a tutti i miei peccati originati dalle mie maschere. Sono stato chiaro e ho assunto la responsabilità delle mie azioni.
Il giorno della mia scoperta è stato il momento più doloroso di tutta la mia vita. Ed è stato due anni e mezzo fa.
Ho trovato un terapista e ho iniziato a frequentare SAA lo stesso mese. Sono stato e tuttora sono in recupero da quel giorno, e continuo ad incontrarmi con il mio terapista regolarmente.
È un miracolo che sia sobrio da quel giorno.
Durante il recupero, ho imparato a liberarmi delle mie molte maschere.
Vorrei poter dire che sono sepolte definitivamente nel mio passato. Ma so che tentano di affiorare di tanto in tanto e non sono completamente scomparse. Nonostante non abbiano più alcun uso e io non desideri più nascondermi dietro di loro, ogni tanto una delle tante appare in maniera improvvisa cercando di collocarsi sulla mia faccia. Quando avverto tale sensazione e ne ho la conferma, dico semplicemente alla maschera: “Non ho più bisogno di te, per favore sparisci".
È così che ho iniziato e continuo a scartare le mie maschere più e più volte ancora. Con il tempo sono diventate sempre più deboli, e sembrano non aderire più al mio viso.
Sorprendentemente, il mio viso è guarito, e nessuna delle maschere sembra che possa aderire o combinarsi con il mio profilo facciale come accadeva in passato.
Questo è quello che il recupero in SAA ha fatto per me - ha guarito e rimodellato il mio viso.
Mi riconosco di nuovo, e per questo sono estremamente grato.
Delineando i passi progressivi della resa
Quattro anni fa, la mia resa era frequentare il mio primo incontro alla ricerca di una pillola magica; forse ne avrei frequentato un secondo (nel caso avessi avuto bisogno di un'altra pillola).
Col passare del tempo, effettuare la resa significava ammettere la sconfitta (sì, avevo perso una battaglia che non avrei mai potuto vincere).
La resa era frequentare le riunioni quando non volevo (in altre parole, ci portavo il mio corpo, fino a quando io stesso, Kevin, non si è presentato).
La resa era eliminare i links ai siti web che avevo avuto per molti anni - i miei siti preferiti, a seconda delle circostanze (circa 50 e più links).
La resa era anche eliminare il resto dei collegamenti (altri 20 links e più) - che, in quel momento, è stato molto traumatico.
Arrendersi era anche essere onesto alle riunioni (non trattenersi; dire quello che non volevo dire).
La resa mi stava allora permettendo di percorrere un sentiero che non conoscevo con persone che non conoscevo (il mio sponsor).
La resa significava lavorare al Primo Passo secondo i termini del programma, non in base ai miei, ed essendo rigorosamente onesto.
La resa consisteva nell’eliminare certi contatti del mio telefono, alcuni dei quali sarebbero dovuti essere bloccati prima.
La resa (questa e’ stata la più grande) comportava di cancellare foto e video che serbavo come “punto di ristoro” in caso di necessità impellente. (Nel portare a termine ciò, ho dovuto effettuare di nuovo il processo per ben quattro volte, fino al punto di essere sicuro che non sarei stato in grado di recuperarli)
La resa è lavorare su ciascuno dei dodici passi – in maniera graduale e regolare, indipendentemente da come mi sento o da quello che può succedere in quella settimana.
Arrendersi è essere in grado di non oggettivizzare una persona di sesso femminile focalizzando tutto su una sua parte anatomica. (Sto ancora lavorando su questo!)
Arrendersi è aiutare altri/e confratelli/consorelle nel programma - anche se è solo per parlare quotidianamente.
Arrendersi è implementare e installare uno spazio costante per il mio Potere Superiore quotidianamente - non importa quanto sia piccolo quello spazio.
Arrendersi oggi è rimanere in contatto, riconoscendo che non potrò mai camminare questo percorso da solo.
Per questa edizione, ringraziamo...
Photo by Elena Mozhvilo, Sasha Freemind, Tyler Nix, Metin Ozer, Shane Rounce, Rémi Walle, Ahmed Zayan, John Noonan, Javardh, Quino Al, nikko macaspac, Sigmund, Mario Purisic on Unsplash
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ISO (Organizzazzione di Servizio Internazionale) di SAA
Leo, per la traduzione e il team Traduzioni di SAA Italia